Vecchia pescheria vandalizzata: tanto tuonò che piovve

Vecchia pescheria vandalizzata: tanto tuonò che piovve

I banchi in pietra d'Istria mostravano già diversi segni di degrado. Perché il monumento è da lungo tempo soggetto ad essere utilizzato impropriamente, nella più assoluta indifferenza. Il brutale sfregio non è un fulmine a ciel sereno. E' giunta l’ora di una seria riflessione su ciò che dovrebbe essere il Centro Storico di Rimini.

Tanto tuonò che piovve! Era il 27 gennaio scorso quando Rimini 2.0 (qui) mostrava un uso improprio dei banchi lapidei dell’Antica Pescheria di Rimini, adattati a tavolate da sagra strapaesana. Ma in precedenza pure ciò che è divenuta l’antica Piazzetta San Gregorio.
Si poneva l’accento sui quei molti fenomeni di degrado che vanno in scena quotidianamente, il cui il massimo culmine si raggiunge durante ogni notte.

Il monumento è da lungo tempo soggetto ad essere utilizzato impropriamente, nella più assoluta indifferenza; anzi con grande compiacimento che trova riscontro nei vari siti aventi per oggetto “cosa fare a Rimini”.
Interpellata allora la Soprintendenza in proposito, che stranamente rispose alla richiesta, la stessa comunicò che era tutto regolare e che grazie (!) ad un decreto del Ministero che si occupa dei beni culturali, veniva autorizzato l’uso di luoghi storici all’aperto quale ampliamento delle attività di mescita e ristorazione, a causa della pandemia; gratis, ovviamente, e in assenza di alcun tipo di controllo, senza neppure una sorta di tangibile garanzia, leggi fidejussioni a prima escussione, per potere rivalersi in casi come questi.

Ieri, nottetempo, esseri difficilmente configurabili come appartenenti ad una società civile, hanno vandalizzato un banco del predetto monumento in maniera pesante; ma girando per quel sito altri esempi di analogo esercizio recente o non, fanno squallida mostra di sé. Neppure i bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale poterono tanto, ma insensati figuri sì.

Ed ecco come si presentava questa mattina, il banco verso Piazza Cavour. C’è voluto impegno, volontà e accanimento, non un episodio casuale, ma scientemente voluto. Ovviamente oggi la notizia appare su tutta la stampa, ma resa in modo asettico e senza domandarsi le cause che hanno portato a questo esecrabile episodio; molti si indignano, tanti si rammaricano, ma tutto è confinato nel fato.
Ritengo invece che questo ed altro, sia il frutto di precise ed ineludibili responsabilità politiche dovute alle scelte attuate, specie in quest’ultimo decennio e, a volte, ancor prima. Intendiamoci, certe politiche legate ai temi culturali non hanno colore, sono trasversali ed attengono solo alla preparazione formativa di chi amministra una città. Perché nessun fatto nasce a caso, ma sottende sempre delle motivazioni a monte di esso.
Rimini è stata da – quasi – sempre governata da amministrazioni che non hanno saputo infondere ai propri amministrati l’amore per le vestigia del passato che ci sono pervenute intatte. Anzi, la città è stata spinta e votata al solo fine del divertimento, della trasgressione e dell’effimero. Poi la distruzione del tessuto commerciale del Centro Storico, con la disincentivazione di fatto di quelle attività economiche che operavano da sempre, specie nell’intorno del monumento sfregiato oggi, ma offeso da tanto tempo, ha fatto il resto. Da qui l’attrazione di un turismo di bassa qualità, e di soggetti di pari levatura.
Inoltre la banalizzazione dei monumenti finora praticata, di cui il futuro prosieguo è avvertibile, ha fatto passare il messaggio che trattasi di cose inutili, di nessun pregio e, pertanto, nella mente dei vandali locali trattata alla stessa stregua degli altri loro atti che ne connotano l’apice della funzionalità cerebrale.
Infine la concezione che la città debba vivere di notte, con l’incoraggiamento all’apertura di quelle sole attività a questo fenomeno funzionali. E di qui il dilagare incontrollato delle stesse, forse in quanto serbatoio di consensi, con tutte le conseguenze dovute al degrado, risse, atti vandalici, corollario di una situazione ormai palesemente fuori da ogni controllo.

Dopo avere preso le fotografie che sopra si mostrano, più tardi, forse finalmente accortisi del fatto da Palazzo Garampi, la beffa. Un “adatto” severo cartello di divieto di sosta, con rimozione s’intende, dinnanzi al banco sfregiato, con tanto di coni stradali e nastri segnaletici. Cosa c’entra in tutto questo? Forse, seppur tardivamente, si intende vietare la sosta ai balordi, o addirittura rimuoverli forzatamente? Quindi per gli appartenenti a questa nutrita categoria riminese protagonista delle fantastiche notti locali, da oggi vige, sulla carta, pericolo di contravvenzione se non di rimozione coatta con carro attrezzi (!).
Ritengo che sia ormai giunta l’ora di una seria riflessione e di ripensare a ciò che dovrebbe essere il Centro Storico di Rimini, anche se sembra che la situazione sia veramente sfuggita di mano. Occorre fin da subito trovare il modo di interdire i luoghi più belli della città al bivacco di qualsiasi natura, annullando qualsiasi pseudo giustificazione. È una vera vergogna!
Ci si augurerebbe che i preposti alla qultura (“q” voluta) garampiana prestassero più attenzione all’Antica Pescheria ed alle zone circostanti; nel caso specifico ripulendola dovutamente, restaurandola ove necessario e impedendone l’uso inadeguato, tanto da salvaguardarla per lasciarla ai posteri come fu dal ‘700 ad oggi.
Purtroppo la città ha scelto la continuità, ma in un punto si trova d’accordo; noi non ci meritiamo i nostri monumenti, ma neppure loro si meritano i Riminesi.

Aggiornamenti
Il 30 ottobre l’amministrazione comunale ha diffuso la seguente nota, pubblicata anche sulla pagina Facebook del sindaco nella stessa data: “È già stato individuato dagli organi investigativi il presunto responsabile del danneggiamento dell’antico manufatto di marmo nella Vecchia Pescheria. Si tratta di un 22enne riminese il quale peraltro si è anche infortunato a causa della caduta di un frammento del manufatto danneggiato. L’amministrazione comunale di Rimini agirà in sede legale nei confronti di questa persona e di eventuali altre coinvolte nel danneggiamento. Nel frattempo in mattinata si sono svolti i sopralluoghi di Soprintendenza e società AdArte per provvedere al delicato restauro del bancone marmoreo. L’amministrazione comunale di Rimini ringrazia la società AdArte per avere espresso l’intenzione di operare l’intervento a titolo gratuito”.

In data 2 novembre l’assessore alle attività economiche Juri Magrini ha corretto il tiro: “Che non si tratti di atto vandalico ma di un incidente, dovuto a motivi oggetto di verifiche da parte degli organismi tecnici, è a questo punto l’ipotesi più solida. In ogni caso quanto accaduto pochi giorni fa alla Vecchia Pescheria, con la caduta di una porzione degli antichi banchi in marmo, merita una riflessione più ampia. Quello, come altri in centro, è un luogo speciale, nel senso che vede convivere ogni giorno attività umane e beni storico architettonici. E la convivenza è un valore da mantenere, visto che una città chiusa o blindata nelle sue singoli parti è quanto di più distante dall’idea di una Rimini aperta, libera, capace di ripensarsi intorno a centri relazionali e ricchi di cultura e storia. Ciò però significa cercare e ricercare costantemente l’equilibrio tra tutela e fruizione di quei luoghi. Ci sono e ci saranno gli atti amministrativi ma prima di tutto occorre condividere un corpus di regole civili, fondato su responsabilità e amore per quei luoghi, tra istituzione e chi lì ci vive o lavora. Per questo nei prossimi giorni incontrerò i gestori delle attività che si affacciano sulla Vecchia Pescheria per definire un modo più equilibrato appunto di conciliare le ragioni delle relazioni e dell’economia con quelle della salvaguardia del patrimonio del passato, che a tutti gli effetti è un bene comune e di comunità. La soluzione non può essere ricercata nei soli divieti, nelle blindature, nell’appendere cartelli con su scritto ‘off limits’. Dobbiamo cercare l’equilibrio tra persone responsabili, che sanno che città tirate a lucido ma senza donne e uomini sono paurose distopie, ma nello stesso tempo sono consapevoli che il caos e una relativa attenzione verso la storia e l’arte sono il sintomo di una società con scarso se non alcun futuro”.

In data 4 novembre il giovane che si è ferito è intervenuto sui quotidiani locali per chiarire la propria posizione. “Sono l’ancora anonimo e ormai famoso protagonista dell’incidente in cui è rimasto rovinato lo storico bancone della Vecchia pescheria. Nella notte tra venerdì e sabato mi trovavo lì con alcuni amici e mentre chiacchieravo con alcuni di loro appoggiato al bancale, improvvisamente la lastra di marmo ha ceduto, trascinandomi a terra e rovinandomi addosso. Insieme ai numerosi presenti che mi hanno soccorso, è stata immediatamente chiamata l’ambulanza e avvisata la polizia di Stato per i dovuti rilievi. Fino a qui solo uno spiacevole e doloroso incidente (ho il tendine d’Achille pesantemente lesionato). Dalla mattina stessa è iniziato per me un vero e proprio incubo. Un lancio d’agenzia descrive l’accaduto come l’opera di un pericoloso vandalo che era ovviamente ricercato, il thriller continuava poi riportando che il criminale era stato finalmente identificato, grazie alle telecamere di sorveglianza. Mentre io ero in questura a denunciare l’accaduto, pronto è uscito il post su Facebook del sindaco, che tranquillizzava la cittadinanza, garantendo mano ferma e inflessibile contro l’intollerabile crimine. A seguire, brillanti commenti di autorevoli giornalisti, il più arguto dei quali incoraggiava più pietas per lo storico marmo che per le ossa del sottoscritto. Un brivido mi è corso lungo la schiena a sentire commenti da bar che invocavano giustizia usando sulla mia testa la stessa mazzuola con cui avevo distrutto il bancone (sic!). A fianco intanto montava la ormai consueta montagna d’odio sui social, che cercava famelica l’identificazione del soggetto contro cui scagliarsi. Probabilmente un giudice si esprimerà riguardo all’eventuale risarcimento danni; certo è che il mio eventuale ‘uso improprio’ del bancone è da sempre consuetudine quotidiana di centinaia di giovani e meno giovani, tollerata e ammessa dalla pubblica amministrazione. Solo poche settimane fa, lo stesso luogo è stato sede di incontri per la campagna elettorale riguardante le elezioni amministrative, e in quell’occasione decine di persone sedevano sullo stesso bancale sul quale io ero semplicemente appoggiato. Mi piacerebbe invece non fosse un giudice, ma la coscienza individuale di ogni persona a riconoscere il grado di bassezza cui giunge il giornalismo quando si butta a capofitto sull’accaduto cercando non la verità quanto la sensazione. Mi delude la politica in perenne campagna elettorale pronta ad usare ciò che accade e le persone coinvolte come occasioni e schermi di difesa o attacco per il proprio consenso, così come mi delude il fatto che ciascuno di noi abbia la necessità di costruirsi un bersaglio esterno dove meglio poter veder brillare la propria presunta, immacolata innocenza” (dal Carlino Rimini).

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