Negli ultimi tempi a Rimini anziché diffondere le notizie su quanto sta emergendo nei diversi scavi ultimati o in corso di realizzazione, si cerca di nascondere.
Dopo l’importante scoperta di un pavimento a mosaico in quella che possiamo chiamare a pieno titolo area archeologica di Via Melozzo da Forlì, sono emersi altri piccoli frammenti di storia. Tesserine in pietra colorata, frammenti di lastre di pietra o marmo romani, parte di mattone manubriato di pari epoca, cocci, ossi presumibilmente di animali, e fusaiole medievali. Bocche cucite, come giusto che sia, da parte degli operatori del cantiere. La specifica dei reperti è stata connotata e avvalorata grazie al parere dell’ottimo Giovanni Rimondini che ha visionato le fotografie da me inviategli, e che per questo ringrazio vivamente.
Ripeto, si deve trattare di qualcosa che assume carattere d’importanza perché è subito calato il velo della censura visiva. Questa prassi, ormai consolidata, è purtroppo la stessa usa in altri casi analoghi.
Mentre prima d’ora il velario color ruggine perimetrava solo la parte adiacente la strada, per ovvie ragioni di distrazione del traffico automobilistico, ora è stato esteso per tutto il cantiere anche nella parte limitrofa i percorsi pedonali.
Queste scoperte considerate opportunità altrove, da noi sono evidentemente vissute come fastidi, intralci al nuovo corso. Perché irrompono prepotentemente, ma a ragione, per ricordarci che la vera storia della città e delle sue radici è questa e non quella confezionata con bizzarre narrazioni, senza né capo né coda, che la vorrebbero riscrivere. È successo in Piazza Malatesta, in Piazza San Martino, in Via Cavalieri ed ora in questo caso. A Rimini oggi funziona così, al contrario di un recente passato.
A tal proposito Giovanni Rimondini mi ricordava che negli anni ’70 i restauri del castello erano stati adattati ad un percorso interno, opportunamente preparato per evitare incidenti, che permetteva agli studiosi e ai semplici curiosi ma anche alle scolaresche, di vedere quello che si stava facendo. Ogni volta che veniva un “addetto ai lavori” a portare a Rimini il suo contributo di conoscenza, si apriva il dibattito e la gente poteva intervenire e dire la sua. Si creava interesse e discussione, oggi annichilita dal pensiero unico garampiano.
Quindi non sarà più possibile seguire questo scavo e la sua evoluzione; ma in compenso, grazie alla permeabilità visiva delle recinzioni dei cantieri dei citati siti e del lastricato del mare – ovvero l’indegnamente cosiddetto parco – e non solo, si potranno ammirare le generose gettate di calcestruzzo, del tipo buono s’intende, che assieme all’asfalto rosso rende il simbolo delle cosiddette opere di riqualificazione urbana di Rimini in quest’ultimo decennio (!).
Ed ora una considerazione. I lavori di scavo archeologico sono finanziati con denari pubblici e, pertanto, con quelli della comunità. Quindi tutti coloro che sono interessati a questo aspetto culturale, hanno il diritto di poter seguirne gli sviluppi, e saperne poi gli esiti finali. In difetto si tratta di un intollerabile arbitrio, e della sua negazione; oltreché, in realtà, un segno della totale mancanza di rispetto democratico per i propri amministrati da parte di chi governa la città o di altre istituzioni che sovrintendono agli scavi.
Non sono uno storico, ma credo che non sia noto a molti che in epoca romana nella zona oggetto di questa indagine archeologica vi fosse un insediamento abitativo, e pure di un certo rilievo come appare. Una grande occasione quindi, motivo di studio e approfondimento della storia di Rimini e del Borgo Sant’Andrea.
Ma sono certo che il ritrovamento di qualche “ciaffo” felliniano, per dirla con l’appropriata espressione dell’esimio succitato Professore, avrebbe avuto più fortuna e considerazione nel quadro della pochezza culturale imperante. Lungi dalla polemica, è l’amara realtà fatta di tanti esempi.
Nella storia dopo i cosiddetti tempi bui, ammesso e non concesso che possano essere considerati bui, venne la luce. Speriamo che ciò accada presto anche a Rimini dove, però, molti affronti alla cultura sono stati perpetrati ed alcuni – ahimè – irreversibili.
Ma per mia natura non desisto, e continuerò nel limite del possibile a raccontare questa meravigliosa storia e …, come prevedibile, la sua scontata anonima fine.
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