Per proteggere la parte verso l’acqua dell’improbabile pista ciclabile in corrispondenza del soprastante ponte ferroviario, si è pensato di porre in opera una serie di parapetti. Oltreché essere piuttosto poveri e banali nella loro forma estetica (qui si è badato a spese), sono stati collocati forando le antiche banchine di pietra d’Istria, come pure gli antichi cordoli in laterizio.
Non c’è pace per i luoghi antichi cittadini. Dopo avere crivellato le mura Malatestiane presso il Ponte Tiberio e soffocato la Rocca Malatestiana con un finto fossato, in realtà cordoli di cemento armato a profusione imbellettati con laterizio, ora è toccato anche alle storiche banchine del Porto Canale. Di fatto, per proteggere la parte verso l’acqua dell’improbabile pista ciclabile in corrispondenza del soprastante ponte ferroviario, si è ben pensato di porre in opera una serie di parapetti. Oltreché essere piuttosto poveri e banali nella loro forma estetica (qui si è badato a spese), per fare ciò si sono forate – in termine tecnico “carotate” – le antiche banchine di pietra d’Istria, come pure gli antichi cordoli in laterizio. Snaturando oltretutto la peculiarità storica del Porto Canale, da sempre privo di parapetti di ogni sorta, specie nelle scalinate di accesso alle barche come invece è stato pure fatto. Ovviamente vi erano altri modi per rendere sicuro quel sottopasso, ma si è scelto quello più spiccio senza badare al resto. Tanto che importanza possono avere quelle quattro pietre vecchie, per chi è uso a sforacchiare muri medievali, cementificare Piazza Malatesta, e mantenere le mura Malatestiane nello stato in cui versano?
Infine una domanda di questi tempi d’obbligo: chissà se in proposito si doveva esprimere la Soprintendenza, oppure essa è a conoscenza di questi parapetti nella loro forma e nel modo di fissaggio? Già perché anni or sono, allorquando furono restaurati alcuni tratti delle banchine portuali della riva sinistra del canale, fu fatto in maniera filologica utilizzando scrupolosamente materiali simili a quelli esistenti. Ma quelli erano altri tempi, in cui il baraccone Riminiland era ancora solo nel pensiero di qualcuno.
Salvatore De Vita
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