Una rosa rossa. Forgiata con l'acciaio. Ma che fa venire voglia di avvicinare il naso per catturarne il profumo. E' la creazione di Mourad Jahrani, in arte Moro. "Le rose mi fanno sognare e vivere meglio, quando non le maneggio sono triste". Ne ha realizzate, soprattutto di piccole dimensioni, circa 2mila.
Una rosa. Solitaria. Rossa. Grande. In mezzo ad una rotatoria ricoperta da un tappeto di sedum. La semplicità per eccellenza rappresentata da piantine che amano nascondersi e che non chiedono cure, quasi scomparse dai giardini per la loro “povertà”, e il possente fiore di oltre un metro di diametro. Elegante e vistoso. Fa venire voglia di avvicinarci il naso per rapirne il profumo. L’accostamento è filosofico. Stuzzica il pensiero. Uno sgorga subito: la bellezza salverà le rotatorie. E’ magnifica. Ma non osiamo immaginare l’apparizione di un grappolo di rose.
Non pochi si fermano a scattare una fotografia. E’ una rotatoria insolita. Il gusto prevale, e non è facile oggi imbattersi in rotatorie belle. Che si fanno guardare con piacere. Questa, invece, si ammira con un po’ di timidezza, perché si ha l’impressione di essere osservati dal Bello.
L’artista che ha “scolpito” questa rosa si chiama Mourad Jahrani, nella foto qui sopra con Eleonora Pedron che tiene in mano una delle rose da lui create. Per tutti è “Moro”, lo scultore delle rose. Ma la definizione è riduttiva perché dà l’impressione di un creatore seriale, di un fabbricante industriale. Invece no, non è così. Anche se di rose, soprattutto piccole, ne ha già realizzate circa duemila. La realtà è un’altra. Ma lo si intuisce solo dopo averlo incontrato, essersi fatti raccontare la sua vita e quel big bang che è all’origine della passione che gli sta facendo disseminare rose ovunque.
Moro ha cominciato circa 13 anni fa a far sbocciare rose. In acciaio inox. Questo materiale gli era già familiare. La sua professione è quella di saldatore in una importante azienda romagnola che lavora l’acciaio e realizza cucine industriali. Arriva in Italia dal Marocco all’età di 9 anni. Frequenta le scuole, si dà da fare e comincia presto anche a guardarsi intorno. In seguito ottiene la cittadinanza italiana e per l’occasione cosa fa? Una rosa tricolore.
Perché la rosa? “Mi sono innamorato totalmente della rosa, intesa anche come fiore, non c’è giorno in cui non ne fotografi una: fra computer e smartphone ne avrò 200mila”, dice lui. “Andrò dove mi porta la rosa, preferisco seguire il bello; se un giorno non mi darà più niente avrò comunque ricevuto tantissimo da lei… ma è impossibile che un rosa non ti comunichi più nulla. Se le dedichi attenzione e amore lei ti ricambia”.
Moro ha cominciato a mostrare i suoi lavori in giro per esposizioni e naturalmente sono arrivati anche i riconoscimenti. Alla Biennale delle Nazioni di Venezia, al premio internazionale Brunelleschi di Firenze, e poi a Verona, Venezia, Palermo, Roma… Il critico d’arte Paolo Levi ha scritto di lui che è “uno scultore sapiente e di magistrale talento”, portatore di “un messaggio romantico quanto mai struggente”.
Usa le mani, anche per le opere di grandi dimensioni. E’ un artigiano vero. Segue il ritmo della naturale nascita della rosa. Realizza dei petali, uno ad uno, e li unisce con una speciale saldatrice che sprigiona fuoco e gas. Parte dal cuore centrale e dà forma alle sue rose. Usa le forbici e il laser, le venature sono ricavate con lo scalpello. Forse qualche petalo avrà anche una goccia, non di rugiada ma di sudore.
“Le rose mi fanno sognare e vivere meglio, quando non le maneggio sono triste”, spiega Moro. E la tristezza è un petalo dell’esistenza, che lo fa anche decidere di staccare, di non creare più. “Ci sono lunghi periodo nei quali non realizzo rose, attendo che succeda qualcosa…” Perché per soffiare la vita in una rosa d’acciaio ci vogliono forza, motivazione, ispirazione, passione. “Questo descrive la mia debolezza e la mia forza, quando creo sono felice ed emozionato, quando non lo faccio sono un po’ a terra”. Quella che si trova nella rotatoria “è nata in una notte di rabbia e di dolore, l’ho cominciata e l’ho finita. La sofferenza è una eccezionale fonte di ispirazione, penso sia una esperienza comune a diversi artisti.”
Le realizza di tutti i colori, non solo nel classico rosso. Sono blu, nere, gialle, verdi e … assorbono tutto lo spettro cromatico. Ti piacerebbe realizzare altre rotatorie o comunque dei segni di così forte impatto urbano? “E’ il mio desiderio”, risponde. “Qualche progetto lo sta valutando in giro per l’Italia. Una rosa si può collocare ovunque e starà sempre bene”. A Rimini dove la vedresti meglio? “Nell’area verde del Ponte di Tiberio, sarebbe bellissima”. Ci mostra una rosa ancora segreta, non colta da nessuno, mai esposta. E’ di una commovente bellezza. Ha petali fitti e robusti, il colore dell’acciaio, non addolcito da cromatismi. Lascia senza fiato.
Piega e plasma l’acciaio come se avesse fra le dita un grumo di morbida creta. Oltre alle rose ha cominciato a forgiare orecchini e altre opere: un gabbiano, il “buon falco”, il “pesce silenzioso”. Anche una bella fontana dalla quale zampilla acqua e che alla sua sommità ha, naturalmente, alcune rose.
Si commuove quando la memoria corre ad un commento che ha ricevuto sulla sua pagina Facebook dopo aver allestito la mostra al presepe di sabbia di Igea Marina: “Grazie per avermi regalato la primavera a Natale”. Le sue rose erano lì, vicino al mare, belle come sempre, in un ambiente buio e illuminate da una luce sovrastante, con la musica di Michael Bublé. Poesia nella sua forma più pura.
“Sono felice ogni volta che mi arriva qualcosa di bello”. Sono le ultime parole che Moro ci consegna. Con la semplicità che lo contraddistingue. “La bellezza salverà il mondo”, si legge ne L’Idiota di Fëdor Dostoevskij.
«È vero, principe che una volta avete detto che la “bellezza salverà il mondo”? Signori» prese a gridare a tutti, «il principe afferma che la bellezza salverà il mondo! Ed io affermo che idee così frivole sono dovute al fatto che in questo momento egli è innamorato. Signori, il principe è innamorato, non appena è arrivato, me ne sono subito convinto. Non arrossite principe, mi impietosite. Quale bellezza salverà il mondo? Me l’ha riferito Kolja… Siete un cristiano fervente? Kolja dice che voi stesso vi definite un cristiano.» Il principe lo osservava attentamente senza rispondergli» (L’Idiota).
“La bellezza salverà il mondo”. E’ un pensiero spigoloso, per nulla semplice né scontato. Più che rassicurare inquieta. La prima banale impressione che se ne potrebbe ricavare rischia di fermarsi all’apparenza. Forse frivolo. Forse terribilmente profondo. Ma di sicuro porta lontano, come la tana del coniglio. E come le rose di Mourad Jahrani, in arte Moro.
La sua rosa solitaria si trova nella rotatoria di Igea Marina, all’altezza del Palazzetto dello Sport. Lui quando può ci passa. Non l’ha abbandonata lì. La guarda e la contempla. E lei, ogni giorno, manda un messaggio nuovo. Perché se ami una rosa lei ti ripaga. Sempre.
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