Nella chiesa di Ponte Tavollo domenica si sono dati appuntamento il mitico fondatore dell'Orchestra Popolare Italiana e il giovane vice parroco. Ed è stato molto difficile non mettersi a ballare.
“Attraverso il canto tentiamo di ricostruire un senso di comunione e di popolo: questo è l’obiettivo che mi lega a don Jonah Lynch e per questo ho accettato volentieri l’invito ad eseguire un concerto nella sua parrocchia; anche perché questo prete è un bravissimo musicista, con un piglio da rocchettaro, per cui potrebbe benissimo stare sul palco in una band. Ovviamente lui fa il prete e io il musicista ma per me, ripeto, è stato facile accettare”. Quasi fosse come bere un bicchiere d’acqua fresca in estate, Ambrogio Sparagna, racconta anche che ha accettato di venire a Gabicce, precisamente nella chiesa di Ponte Tavollo, gratis et amore dei. “Spero che questo non risulti strano, perché per me contano le parole e i valori prima dei soldi”. Scusate se è poco, visto che Sparagna insieme alla moglie e cantante Anna Rita Colaianni, Gianni Aversano e Michele De Martino (questi ultimi due arrivavano addirittura da Napoli e da Sorrento) si sono sobbarcati un viaggio che tra andata e ritorno ha occupato una decina d’ore della giornata di domenica scorsa per questo concerto durato circa un’ora e mezza dall’abside della chiesa. Insieme a loro appunto il co-parroco don Jonah, che suonava il violino. Il pubblico, pure numeroso, non era quello solito di migliaia di persone che affollano i suoi concerti eppure Sparagna, che suona l’organetto con la stessa semplicità di gesto con cui inforca gli occhiali, è riuscito come sempre a coinvolgerlo con la sua comunicativa vitalità e, se le panche e gli inginocchiatoi non avessero occupato quasi tutto lo spazio, c’è da giurare che tanti si sarebbero messi a ballare. Infatti battimani ritmici, gambe e mani tamburellanti se ne vedevano parecchie. Non solo, ma l’invito al canto insieme, è stato accettato in diversi momenti del concerto.

Da sinistra: Gianni Aversano, Michele De Martino, Ambrogio Sparagna, Anna Rita Colaianni e don Jonah Lynch
Dal canto suo Gianni Aversano, un prof di storia e filosofia che è anche attore, cantante, chitarrista e compositore, ha regalato alcune chicche storiche sulla canzone napoletana. Una di queste, la cui origine risale agli anni ’30 dell’800 è “Te voglio bene assaje”: “Pensate – ha detto Aversano – che questa canzone aveva colpito a tal punto un cardinale che ha chiesto ad un amico poeta di comporne, sulla stessa melodia, un canto che si potesse cantare anche in chiesa. E così nacque un testo che raccontava di Dio che si rivolgeva all’uomo, chiedendogli di rispondere a questo amore: le strofe sono cambiate ma il ritornello restò quello originale “Te voglio bene assaje e tu non pienze a me”. Anche sulla canzona napoletana (ma italiana si può dire) più conosciuta al mondo e tradotta in più di cento lingue che è “O sole mio”, Aversano ha sorpreso i presenti. Il cantante trovandosi sull’Adriatico ha detto, forse pensando ironicamente a ‘Ciao mare’: “Non si tratta di una canzone balneare che racconta di una bella signora stesa sul lettino ad abbronzarsi, ma il ‘sole mio’ sono gli occhi dell’amata. E quando quello che normalmente viene chiamato sole, tramonta, arriva quasi la malinconia e io vengo sotto la tua finestra, da te che sei il mio vero sole, un sole che non finisce mai di riscaldarmi”. Aversano ha detto che chi sa questo significato non grida (“come fanno certi tenori”), ma canta quasi sussurrando e così ha chiesto a tutti di cantarla insieme a lui. E ne è venuta fuori una canzone d’amore delicatissima.
Infine don Jonah Lynch (pur sempre un prete, anche se violinista) con poche parole ha concluso questo magnifico e inatteso incontro-concerto: “Ho invitato il mio amico Ambrogio Sparagna perché, quando suona, si sente che arriva a noi il fiume di vita della tradizione. Questa non è una parolaccia ma è carne e sangue di chi ci ha preceduto e dei nostri genitori. Una vita che fluisce non solo dentro di lui e di quelli che suonano con lui, ma spero anche dentro di me e di ciascuno di voi. Come ha detto Sparagna, il canto è un fuoco che esiste perché oggi lo abbiamo portato noi e speriamo così potrà esistere anche in futuro. Questo concerto ha spiegato meglio delle parole di cosa e per cosa siamo fatti: l’amore infinito di Dio nei nostri confronti. Se questo è successo – ha detto ancora don Lynch – la faticaccia di questo viaggio che ho chiesto in primis ai miei amici musicisti, ne è valsa la pena”. Sicuramente Sparagna era felice, visto che ha risposto dicendo di volere ritornare.
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