Gli allarmi inascoltati su Aeradria. Quando un esperto parlava di “scenario da brivido”

Gli allarmi inascoltati su Aeradria. Quando un esperto parlava di “scenario da brivido”

Nel settembre del 2012 "Qualcosa di Riformista" ospitò un intervento di Piero Manaresi che, letto oggi, appare profetico. Analizzando il bilancio del

piero-manaresiNel settembre del 2012 “Qualcosa di Riformista” ospitò un intervento di Piero Manaresi che, letto oggi, appare profetico. Analizzando il bilancio del 2011 di Aeradria portava a galla “uno scenario da brivido che non lascia speranze per il futuro”. Riproporla oggi fa riflettere su molti aspetti. Aiuta anche a capire che scaricare le colpe sul management, come sta facendo qualcuno, è solo un brutto vizio dei politici.
Non fu una voce isolata la sua. Purtroppo tutte sono rimaste inascoltate. Ora è dovuta intervenire la magistratura, perché la politica chiamata a gestire un tesoro come quello dell’aeroporto ha mostrato limiti enormi.
Piero Manaresi (nella foto) è nato a Riccione 46 anni fa. Laureato in Economia e commercio all’università di Bologna, attualmente in PwC (network globale presente in 157 paesi del mondo che fornisce servizi di advisory, legali e fiscali), è stato consulente per diversi Tribunali. Ha rappresentato il pubblico ministero nei casi Cirio e Parmalat, e per la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo si è occupato della confisca di uno dei più importanti patrimoni di mafia in Italia.

La lettura del bilancio al 31.12.11 di Aeradria “è roba” da spaventare il più rapace dei finanzieri.
La società ha fatturato circa 15,8 milioni di Euro con una perdita di circa 2,0 milioni di Euro. Il fatturato è si aumentato di circa 5,0 milioni di Euro rispetto all’esercizio precedente ma tale aumento non si è trasformato in flusso di cassa poiché i crediti verso clienti sono aumentati di circa 3,3 milioni di euro.
I debiti verso le banche sono arrivati a circa 13 milioni di Euro e quelli verso i fornitori a circa 15,0 (con un incremento di circa 8,0 rispetto all’esercizio precedente!!) con il logico arrivo dei primi decreti ingiuntivi. Dunque: più si fattura più aumentano i debiti.
A fronte di tutto ciò dopo aver chiesto ai soci nuove risorse per circa 5,6 milioni di Euro nel corso del 2011 gli amministratori tornano a battere cassa per altri 7 milioni di Euro. Viene richiesto alle banche un finanziamento strutturale di 16,5 milioni di Euro da erogare entro il 2012 ed ad oggi si registra il classico sterile scambio di bozze contrattuali con gli istituti (che attualmente non erogano neanche alle aziende “sane”).
Dulcis in fundo uno dei principali vettori che operano sullo scalo ha bloccato l’operatività per problemi finanziari ed un altro minaccia di farlo.
Inutile scaricare le colpe sul management che si trova a dover incrementare il traffico ricorrendo a contratti capestro con compagnie low cost più o meno fragili e con una compagine azionaria frammentata, demotivate e confusa abituata a gestire attraverso l’effetto annuncio ed indirizzi di comprovato stampo elettorale.
Uno scenario da brivido, che non lascia speranze per il futuro o meglio, se diamo per scontato che Rimini non può e non deve rinunciare al suo aeroporto, le lascia solo se i soci saranno capaci di immettere costantemente nuove risorse ogni anno (per pudore non le quantifichiamo).
A questo punto il dubbio è legittimo: saranno i soci attuali quelli capaci di tale sforzo finanziario? La risposta è ovviamente negativa ma anche se non lo fosse è necessario immettere nuove idee e stimoli.
Senza pudore si può affermare che i nuovi soci dovranno essere privati e possibilmente la maggioranza del capitale non dovrà essere nelle mani di operatori locali ma di operatori stranieri (non importa se Arabi, Cinesi o Russi) che abbiano la volontà di fare di Rimini un hub sia commerciale che turistico per i loro paesi di origine. Qualsiasi altra soluzione sarebbe un’altra perdita di soldi e tempo e tanto vale pensare di fare la fine di Forlì.

Piero Manaresi

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