"Vorremmo che questa realtà fosse una sorta di risacca culturale". Stefano Tonini sintetizza così la mission del Cinema Teatro Tiberio. Una realtà che unisce arte, cinema di qualità, opera e balletto. Prima sala a Rimini a proporre eventi digitali in collegamento satellitare. Dal sentirsi come il Davide-cinema parrocchiale sovrastato dall'ombra minacciosa del Golia-multisala, il passo della reazione è stato deciso e costante. Fino ad approdare ad un luogo unico. Gestito con intelligenza e competenza.
Volendo raccontare le vicende di una sala cinematografica, non si può che iniziare con una retrospezione narrativa, quella che in gergo cinematografico si definisce flashback. Siamo negli anni ’50, Rimini si sta leccando le ferite della guerra. L’intera città, oltre alla ricostruzione fisica degli edifici, tenta di sanare le profonde lacerazioni socio-politiche del recente conflitto mondiale. Anche le parrocchie cercano di fare la loro parte. Partecipano al critico tentativo di rigenerazione avvalendosi anche della (relativamente) giovane arma del cinema.
Tra il ’50 e il ’58 i film prodotti in italia sono ben 1225. Le piccole cine-sale parrocchiali dilagano in ogni angolo del Paese. Nell’omonimo borgo, il parroco della chiesa di San Giuliano Martire, sotto il porticato del chiostro allestisce una sala cinematografica di fortuna. Le panche di pino grezzo sono scomode e resinose. Per contro, lo spettacolo è assicurato ugualmente: tanto basta, per vivere avventure in bianco e nero, tra le falde del cappello di James Stewart o sul mirino della spietata Colt di Henry Fonda. Lo scrigno che contiene le avvincenti avventure è una scatola tonda di metallo grigio. La “pizza” fa il giro tra le parrocchie che ne suddividono le spese di noleggio. Nelle sale, i curati non si limitano a proiettare pellicole perlopiù tagliuzzate, rappezzate e con il cronico sfrigolìo di sottofondo; approfittano per allestire anche spettacolini dialettali ed eventi musicali “in famiglia”.
Don Agostino Amadori, siamo ora negli anni ’60, dà il via a una programmazione filmica stabile in un’ala ricavata dal vecchio monastero benedettino, già da tempo adibita ad abitazioni civili. Così facendo, ratifica in modo definitivo la nascita del Cinema Teatro Tiberio. Fino a circa tutto il 1965 sarà anche arena estiva.

Prevost. Un nome una garanzia per il vecchio proiettore analogico all’interno della sala parrocchiale
Da quegli epici anni in poi, pur con il logico avvicendarsi dei parroci, avviene un costante consolidamento dell’attività cinematografica e teatrale in virtù di varie implementazioni, come il palco che ha permesso l’inizio di piccole rappresentazioni. E si arriva a oggi, alla sala inaugurata appena un anno fa che molti riminesi hanno potuto apprezzare per la sobria eleganza, ma soprattutto per l’interessante e per certi versi esclusiva programmazione di eventi e spettacoli. Chiediamo direttamente al “regista” di questa bella realtà di svelarcene i segreti.

Stefano Tonini
Il Dottor Stefano Tonini ha il sacro fuoco per il cinema da quando era bambino. Ora che ha varcato da un anno i 50, a buon titolo può dire di avere raggiunto risultati lusinghieri per aver assecondato, senza mai risparmiarsi, la propria passione. Gliene chiediamo ragione, seduti sulle comode poltroncine rosse dell’accogliente cinema Tiberio.
“Anzitutto devo dire che la proprietà e la gestione della sala cinematografica è della Parrocchia di San Giuliano Martire di cui il parroco Don Paolo Donati (rettore, tra l’altro, del seminario vescovile) ne è il legale rappresentante. Come tale, è regolarmente iscritto alla Camera di Commercio. I meriti, se ce ne sono, vanno riconosciuti a lui che ha fiducia nel nostro operato e divisi anche tra tutti i parrocchiani (volontari, tengo a precisare) da me coordinati, che gestiscono il cinema. Ora vengo alla mia storia personale e a quella del cinema Tiberio. Quando torno da Siena, dove nel ’93 mi laureo in Scienze Economiche e Bancarie, capito forse nel momento più importante per la vita della sala cinematografica. Tra il ’92 e il ’94 avviene la prima grande ristrutturazione con il recupero del muro del chiostro e gli scavi archeologici. Sotto la pavimentazione del cinema è stata scoperta una piccola necropoli: 29 tombe di epoca romana e tardo romana, monili, vasi e monete. Importantissimo, il ritrovamento delle lapidi originali del primo miglio della Via Emilia: se ne è potuto ricostruire l’autentico assetto che dal ponte di Augusto e Tiberio passava in prossimità del cinema (presumibilmente, l’attuale via San Giuliano).
Ciò che oggi vediamo essere di pregio, è stato frutto del lavoro e del sacrificio di quel triennio di lavori e dei due anni di stop all’attività del cinema”.
Ma ne è valsa la pena, non è vero?
“Beh, certo, con il restauro della chiesa (all’interno si ammira una notevole pala di Paolo Veronese, un polittico di Bittino da Faenza e altre pregevoli opere; ndr) e del cinema avvertiamo subito nuovi stimoli. Tra il ’95 e il 2002 implementiamo le proiezioni con i film d’essai proposti dai Cineclub Belfagor ed Hellzapoppin’ di cui ospitiamo la programmazione. Nel frattempo, noi ci limitiamo a curare solo il teatro dialettale e quello per ragazzi. Quando, verso il 2003, i due cineclub vanno spegnendosi, con Paolo Pagliarani (critico cinematografico e organizzatore di vari eventi culturali) e la dottoressa Sabrina Zanetti (esperta di cinema e comunicazioni di massa, laureata in sociologia) fondo il Notorius Rimini Cineclub grazie anche alla collaborazione con le ACLI provinciali di Rimini: cominciamo finalmente a trasmettere il nostro cinema d’essai con un appuntamento settimanale che si aggiunge al teatro dialettale e al cinema per ragazzi della domenica. Già questo programma segna un passo per noi molto importante. L’anno successivo aderiamo alla FICE (Federazione Italiana Cinema d’Essai). Da quel momento proponiamo cinema di qualità con pellicole di seconda visione o di prima visione non passate in altre sale di Rimini”.
La crisi del cinema non vi ha minimamente sfiorati?
“Ne abbiamo avvertito il gelo, eccome. Come tutti, del resto. In quegli anni c’è stato un rimescolamento continuo della situazione del cinema: la chiusura di tante sale del centro storico, l’apertura delle strutture multi sala; si può dire che ogni mese succedeva qualcosa, ma noi abbiamo sempre tenuto dritta la barra del timone, incuranti del terremoto che avevamo accanto. Il cataclisma ci ha comunque messo in crisi. Ci siamo chiesti più volte se mai ci sarebbe stato ancora spazio per il nostro tipo di programmazione. Siamo nel 2006-2007. I grossi contenitori sono entrati a pieno regime: ci sentiamo come il Davide-cinema parrocchiale sovrastato dall’ombra minacciosa del Golia-multisala. A quel punto arriva l’offerta del digitale, nel senso che tramite l’ACEC (Ass. Cattolica Esercenti Cinema) arriva una prima proposta per acquistare un sistema di digitalizzazione con un impianto video di alta definizione e audio di grande qualità. Il tutto è finanziato dalla Legge Cinema che fornisce supporto ai progetti di rinnovamento di sale e attrezzature. Aderiamo al circuito denominato Microcinema che propone film digitali e opere liriche in alta definizione. Nel 2008 decidiamo di fare questo primo investimento con la lirica: potrebbe essere un pericoloso salto nel vuoto. A settembre effettuiamo il collegamento in differita con l’Aida dalla Scala di Milano.
Allora di eventi in diretta ce n’erano pochi, al contrario di oggi, in cui trasmettiamo quasi sempre in tempo reale. La risposta del pubblico è esaltante, il solco è diventato un fiume, tanto che ora, nella nostra sala, la lirica e il balletto sostengono il cinema d’autore. Quando decidiamo di continuare su questa via (grazie al finanziamento pubblico, va detto con chiarezza) si crea un sistema virtuoso tra capitalizzazioni e cultura con reinvestimenti costanti nel settore. Sempre grazie ai rimborsi delle spese sostenute nel 2008, nel 2010 decidiamo di attrezzarci con un impianto di climatizzazione per destagionalizzare l’offerta cinematografica. Non è tutto: mi preme dirle che nel giugno del 2013, grazie alla nuova parabola satellitare motorizzata, ci colleghiamo, per la prima volta in Italia, direttamente con il Gielgud Theatre di Londra per assistere allo spettacolo teatrale The Audience di Peter Morgan, protagonista Hellen Mirren, premio Oscar per “The Queen”. La rappresentazione è in lingua originale con sottotitoli in inglese. Otteniamo un ottimo successo di pubblico. Qualche mese più tardi ci dotiamo (siamo i primi a Rimini) del sistema Digital Cinema Sony 4K. Rinnoviamo anche l’impianto audio: arriviamo al Dolby 7.1.
Per finire, nel 2017 nasce il nuovo Cinema Teatro Tiberio con arredi e poltrone nuove e una diversa distribuzione delle sedute in sala. L’intento rimarrà comunque quello di mantenere uno standard qualitativo di buon livello”.
Le innovazioni sono ben visibili, il programma-tipo settimanale (che pubblichiamo nel box in basso per mostrarlo ai lettori) è di tutto rispetto, giustamente vi meritate un riscontro positivo.
“La ringrazio per le benevoli considerazioni. C’è da dire che questo è un cinema parrocchiale. La sua naturale attitudine è a vocazione comunitaria, quindi vuole essere un punto di aggregazione. Però deve anche valere come un piccolo centro di cultura, seppur con le modeste leve economiche che abbiamo. Spesso ricordo questo, a me stesso e ai volontari che coordino: dal momento che si è usufruito dei finanziamenti pubblici abbiamo una responsabilità ancora maggiore. Noi non “prendiamo soldi per fare altri soldi”, ma ci impegniamo in progetti che abbiano una finalità culturale. Lo Stato non ci ha sostenuto per promuovere film di cassetta. C’è chi lo sa fare molto meglio di noi. Vede, ci possiamo permettere di fare piccole cose, ma teniamo al fatto che siano di qualità. Siamo un gruppo di appassionati che crede nella validità di quello che fa per reinvestire sistematicamente ciò che ricava. Vorremmo che questa realtà fosse una sorta di risacca culturale. In tutti i casi, la soddisfazione è tanta, in modo particolare se ci fanno i complimenti per avere visto uno spettacolo che è piaciuto. Si vive anche per questo”.
Ha ragione. Anche per noi funziona così…
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