Castel Sismondo: Rimondini spiega cos’è una “falsa porta”, mentre dal consiglio comunale arriva la richiesta di non aprirla

Castel Sismondo: Rimondini spiega cos’è una “falsa porta”, mentre dal consiglio comunale arriva la richiesta di non aprirla

Dai banchi della maggioranza Davide Frisoni e da quelli della minoranza Rufo Spina, chiedono che il Comune blocchi il progetto della breccia

In attesa di capire le reali intenzioni dell'amministrazione comunale (e si spera che anche la Soprintendenza batta un colpo) sulla apertura nel muro a scarpa del palazzo interno al castello, il prof. Rimondini puntualizza cosa si debba intendere per "falsa porta".

L’intervento di Giulio Zavatta, che ha studiato e pubblicato le piante cinquecentesche del castello, dà un fondamento storico scientifico all’indagine su quel punto di Castel Sismondo, un palinsesto che parte dal Quattrocento, che comprende il vano che vogliono aprire. Gli interventi di questa amministrazione distruggono allegramente muri medievali, come del resto è già successo con il muro trecentesco del porto, vicino al ponte di Augusto e Tiberio, ‘bucato’ proprio su una porta trecentesca chiusa dell’impianto portuale malatestiano.

Ho scritto che il buco che vogliono fare sulla scarpa dell’edificio interno di Castel Sismondo aprirebbe una “falsa porta”. “Falsa porta” è un termine tecnico-storico che ha tre significati, due archeologici. Si chiama “falsa porta” la porta dipinta o scolpita delle tombe egiziane, che simbolicamente significa un passaggio al mondo dei morti. Nell’archeologia etrusca la “falsa porta”, dipinta nelle tombe, ha lo stesso significato simbolico e secoli dopo continua nelle “false porte” o “porte dei morti” umbre. Poi c’è il significato tecnico ossidionale, che è spiegato anche in molte voci su Internet. Ogni castello europeo aveva una “falsa porta”, la porta secondaria o di soccorso più o meno nascosta, da utilizzare per far entrare armati, inviare messaggi, o per fare sortite contro gli assedianti. Spesso queste “false porte” erano collegate a “passaggi segreti”.

I PASSAGGI SEGRETI DI CASTEL SISMONDO

Castel Sismondo aveva passaggi segreti ossia, come scrive Roberto Valturio, “Abditos specus“, sotterranei segreti per introdurre armati, che sono stati effettivamente individuati proprio vicino alla “falsa porta” e che potranno essere scavati e valorizzati solo quando il castello non sarà più usato come “contenitore” di ciaffi felliniani.
Si tratta di strutture complesse, assai probabilmente connesse con i condotti della fontana di piazza. La fontana di piazza, forse antica, ma duecentesca nella parte più antica del suo palinsesto, doveva essere stata eretta al centro della piazza del Comune e il suo condotto scendeva dalla sorgente diritto fino al centro della piazza del Comune. Quando Sigismondo Pandolfo scavò il grande fossato del suo castello interruppe in due punti i condotti duecenteschi o più antichi, che attraversavano l’area del castello, e probabilmente li fece spostare dietro il contromurale verso l’Arco, insieme cambiando l’ubicazione della stessa fontana, dal centro su un lato della piazza. Se questa ipotesi è vera, al centro della piazza comunale, che andava dal teatro alla statua di Paolo V, scavando a due o tre metri di profondità si dovrebbero trovare la corona degli scalini della fontana, o quello che ne rimane. Nell’800 il condotto della fontana venne ricostruito all’interno della controscarpa con un passaggio voltato tuttora esistente.
Espongo delle ipotesi, dato che non conosciamo con indagini di scavo lo spazio favoloso che si nasconde sotto il castello.
Forse Sigismondo Pandolfo sfruttò i vecchi condotti smessi della fontana di piazza, collegandoli con le difese interne e con l’esterno. Un simile impianto di passaggi segreti è testimoniato nel ‘300 dalle cronache alla sinistra della porta Montanara, collocato nella fossa Patera, che entrava nelle mura bloccata da un’inferriata. Il passaggio lungo la fossa era collegato con le cantine della casa dei Faetani, una famiglia di notabili fedelissimi dei Malatesta.

LA “FALSA PORTA” DI CASTEL SISMONDO, UN’IPOTSI PROVVISORIA SULL’ USO

La “falsa porta” di Castel Sismondo, però non è quella dell’esterno del castello, ma del recinto interno. Una lotta all’ultimo momento col nemico arrivato dentro le mura del primo recinto è pensabile in questo ed in altri castelli malatestiani, come quello di Senigallia, per il fatto che nel castello ci sono cannoniere per piccoli cannoni che sparavano in spazi dentro le rocche. Non so fino a che punto fossero efficaci al momento della prova queste strategie dell’ultimo momento, perché di solito vediamo che una volta entrati dentro le mura i nemici, i difensori erano subito paralizzati dal panico. Si vedano del resto anche le critiche di Niccolò Machiavelli contro la compartimentazione delle rocche. Certamente un cantiere di archeologia medievale, sloggiato, ripeto, l’assurdo museo Fellini – il terzo museo dedicato a Fellini di un folle progetto di fellinizzazione di Rimini – potrebbe trovare il vero significato di questa particolare strutturazione che ho proposto di chiamare la “falsa porta”.

Gaetano Stegani, pianta di Castel Sismondo (1788 c.)

Questa articolazione o “falsa porta” è testimoniata per la prima volta disegnata ‘chiusa’ nella pianta acquerellata di Gaetano Stegani, architetto bolognese residente a Rimini dal 1759, elaborata per incarico del D’Agincourt, un gentiluomo francese che per primo cominciò ad interessarsi di arte medievale italiana ed europea, mentre in una pianta del 1844 che doveva servire alla trasformazione della rocca in prigione, si vede sì il vano ma la “falsa porta” è chiusa. Nell’800, caro Piscaglia, lì non c’era un passaggio aperto.

CITTÀ E CASTELLI PRESI ATTRAVERSO LA “FALSA PORTA”

Per limitarci al tempo di Sigismondo Pandolfo, gli storici ci attestano che Costantinopoli fu conquistata dai Turchi attraverso una “falsa porta” il 29 maggio 1453.
Scrive lo storico bizantino Ducas: “da alcuni vecchi fu mostrata una porta sotto terra chiusa da molti anni e stata nascosta sotto il palazzo imperiale nei pressi della Xiloporta nel perimetro cioè del ‘pomerio’ (la strada interna sotto le mura di Teodosio). In quei giorni l’imperatore la fece aprire e per questa porta i giovani uscivano segretamente a combattere contro il nemico…Ma la volontà divina che aveva disposto di perdere la città, indirizzò i Turchi per la via della porta segreta che sopra abbiamo detto era stata aperta.” La porta era custodita, ma i Turchi erano in numero soverchiante ed eliminarono i difensori, poi entrarono e presero alle spalle i difensori delle mura.
Un altro esempio quattrocentesco, non reale, ma assai probabilmente inventato da un cronista favorevole ai Malatesta di Pesaro, riguarda un tentativo delle truppe di papa Eugenio IV che volevano prendere il castello e la rocca di Gradara a Pandolfo Malatesta, arcivescovo di Patrasso. Il furbo e coltissimo prelato – che come Giacomo Leopardi aveva due gobbe, una davanti e una dietro – avrebbe mandato un falso traditore ad avvertire i guerrieri pontifici che potevano entrare nella rocca per una porticina segreta da lui conosciuta. I pataca papalini sarebbero caduti nella trappola e una volta entrati, il falso traditore avrebbe chiuso la porta e dentro ad aspettarli c’erano i guerrieri dei Malatesta. Per la “falsa porta” di Verucchio, sospesa sullo strapiombo, nel 1463 entrarono nella rocca del Sasso gli uomini di Federico da Montefeltro, dopo che il castellano era stato avvisato da una falsa lettera dell’arrivo di rinforzi.

Anonimo del 1844, Progetto per la riduzione in carcere di Castel Sismondo

Infine è sempre giusto quello che Angelo Turchini e Carla Tomasini Pietramellara scrivono in premessa di Castel Sismondo e Sigismondo Pandolfo Malatesta (Ghigi 1985) e cioè che “il celebre Castel Sismondo cantato dagli umanisti, si presenta con le caratteristiche di un complesso edilizio più volte manomesso, con destinazioni d’uso differenti, a seconda degli interventi voluti dai vari possessori.”
E’ proprio per questo, per il fatto cioè che ogni “destinazione d’uso” diversa da quella originale provoca delle distruzioni e dei disastri, che non bisogna cambiare al castello la destinazione d’uso che possiede, quella di essere il museo di se stesso, anche proprio per evitare ulteriori distruzioni. Tuttavia i due autori affermano anche: “Non ci si lasci impressionare dalla suggestione, del tutto apparente di un castello ridotto a rudere: quel complesso mostra molto chiaramente uno stadio dell’evoluzione castellana all’inizio dell’età moderna, cui operazioni di maquillage (trucco o ritocco) non hanno aggiunto né tolto nulla.”

Interrogazioni in consiglio comunale contro le modifiche irreversibili al castello
“Il museo Fellini si adatti alla struttura di Castel Sismondo e non il contrario. Si è sempre parlato di interventi reversibili, questo non lo è e quindi non si può e non si deve fare”. E’ la posizione espressa nel consiglio comunale del 26 settembre scorso dal consigliere comunale di Patto civico Davide Frisoni a proposito del progetto che prevede l’apertura della “falsa porta” nel castello. E’ stata ferma la sua presa di posizione: “Non esiste che si vada ad alterare la struttura quattrocentesca per realizzare passaggi e percorsi museali nuovi: dove non sono riuscite le guerre vogliamo veramente accollarci questa responsabilità? Il nuovo museo Fellini è solo ospite di Castel Sismondo, non ne è il padrone”. Frisoni si è anche rivolto alla giunta con una richiesta: quella di condividere i progetti da realizzare. Soprattutto se “hanno a che fare col patrimonio storico-artistico della nostra città dovrebbero passare anche in commissione cultura”. Infine nel ribadire che “questa apertura non s’ha da fare”, Frisoni ha invitato la giunta ad accogliere “l’accorato appello da parte degli storici, delle associazioni culturali, degli amanti della storia e della cultura, tra i quali mi inserisco anche io, affinché non si dia il via libera a questa parte del progetto della devastazione delle mura del castello, e che di conseguenza venga rivisto il progetto del percorso museale”. Serve “un’indagine stratigrafica di quella parte di mura, necessaria per la piena conoscenza tecnico-scientifica dei materiali per arrivare alla definizione degli interventi storici pregressi” ed ha auspicato “la valorizzazione della porta del Gattolo, parte del palazzo medievale preesistente al castello e in esso inglobata, così come dei cunicoli sotterranei pieni di reperti archeologici importantissimi della corte di Sigismondo e ancora non indagati. Dal progetto che ho avuto la possibilità di vedere, la porta del Gattolo verrebbe invece nascosta da interventi scenografici che ritengo assurdi”.

Contrario alla apertura della porta anche il capogruppo di Forza Italia Carlo Rufo Spina, che ha presentato una interrogazione, partendo dalle “indiscrezioni emerse da Rimini 2.0, che pubblicamente ringrazio, relative all’ipotesi di apertura con martello pneumatico di una breccia nelle mura quattrocentesche di Castel Sismondo, cioè una porta per fare spazio ad un allestimento presumibilmente circense del futuro museo felliniano”. Un progetto che ha definito “assurdo ed inverosimile in qualsiasi altra località del globo terraqueo” ma non nella “Repubblica sovietica riminese, in cui al potere pubblico tutto è possibile e tutto è autorizzato e nel quale in effetti non più tardi due anni or sono le mura storiche del ponte di Tiberio sono state accuratamente tagliate e scavate proprio utilizzando il martello pneumatico per poi agganciarvi una impattante passerella. Tale progetto rappresenterebbe un nuovo e inaccettabile scempio alla storia e ai monumenti cittadini, solo ultimo in ordine cronologico rispetto a tutti gli scempi e alle distruzioni che la sinistra riminese ha compiuto in perfetta e formidabile continuità storica dal 1945 fino ad oggi”.

Nello stesso consiglio comunale l’assessore alla cultura Piscaglia ha risposto sia a Frisoni che a Spina. Ha cominciato con una dissertazione sui “monumenti” come “cose vive”, resi tali “dalle comunità che li incrociano nella loro contemporaneità”, sostenendo che “un castello non deve necessariamente essere un luogo di mostre delle corazze dell’epoca” e “noi quella vita al castello l’abbiamo voluta dare con Fellini, l’artista più importante del 900 e colui che porta non solo Rimini ma l’Italia nel mondo, solo lui può trasformare la periferia, la provincia e il suo linguaggio in un linguaggio universale in ogni latitudine del mondo; basterebbe questo per dire che Fellini è strategico e non solo perché è nato a Rimini e ci dà pubblicità”. Secondo l’assessore alla cultura è sbagliato “pensare che Fellini possa occupare Castel Sismondo” perché “se c’è qualcuno che non può occupare niente in quanto non è qualcosa di fisicamente rilevante, essendo un’idea, un insieme di fantasie, qualcosa che appartiene al regno dell’immateriale, questo è Fellini: il museo non sarà un agglomerato di cose feticistiche di Fellini ma il regista sarà la chiave che consentirà di affrontare un arco di storia riminese e italiana che va dal passato anche remoto di Satyricon fino all’Italia e alla Rimini degli anni 50”. Parole di difficile collocazione perché di immateriale c’è davvero poco nella occupazione del castello con scenografie e tanto altro dell’autore di Amarcord. E ancor meno immateriale risulta quello che è stato messo nero su bianco nel progetto definitivo del museo, impattante al punto da prevedere una breccia nelle mura interne. “Prima il castello era una rovina, non aveva una vita, noi abbiamo cercato di dargliela con Fellini”, ha sostenuto Piscaglia, anche qui dando prova di una discutibile considerazione dell’opera di Brunelleschi. Ed ha così concluso: “Noi non solo a Rimini ma in Italia, abbiamo tutti gli anticorpi per evitare degli scempi”. Ma a ben guardare si tratta di una lettura molto ottimistica della realtà anche riminese. E rivolto a Frisoni ha scandito: “Io rifiuto questa linea di demarcazione secondo cui le anime belle dell’ambientalismo e della tutela sono solo quelle della cosiddetta società civile e dentro alle amministrazioni ci sarebbero invece quelli che vengono descritti come dei grigi funzionari, che invece fanno scempio; questa è una raffigurazione assolutamente caricaturale, non vera, lei si può ascrivere a quelli ma le assicuro che anche noi siamo tra quelli”. Ci sono le norme, è stato sempre il ragionamento dell’assessore, a tutela dei beni monumentali: “Il restauro scientifico di quello che si può fare al castello non è una categoria dello spirito ma è un elenco molto dettagliato di ciò che si può e non si può fare. C’è una Soprintendenza con la quale siamo costantemente in contatto. Noi non abbiamo fatto solo un bando e chi lo vince se lo digerisce e lo esegue. No, abbiamo detto facciamo un bando con una idea, chi partecipa arricchisce questa idea e poi si rapporta con noi e con le professionalità che nel comitato scientifico esistono”. Si ma l’apertura della porta è indicata in un progetto definitivo e non è un’invenzione giornalistica. E allora? “Non c’è nulla da sospendere, consigliere Frisoni, perché siamo nella fase della progettazione che è tuttora in corso e non faremo nulla che sia fuori dalle regole e fuori da questa grande sensibilità ambientale che anche noi abbiamo”. C’è da stare tranquilli, quindi? Mica tanto. Perché secondo Piscaglia, dalle indagini svolte sarebbe emerso “che non si tratta di una finta porta”, ma “è presente una nicchia profonda, l’arco risulta carico e i laterizi al di sotto dello stesso non sono della stessa tipologia di quelli adiacenti ma ammorsati con la muratura in maniera non regolare senza allineamenti dei giunti e ciò è visibile chiaramente anche sul posto. Quindi li c’era un’apertura”. Tesi che Rimondini contesta nuovamente nell’articolo che pubblichiamo. Il Comune di Rimini ha ricevuto 12 milioni di euro per il museo Fellini, però “i finanziamenti per proseguire gli scavi sulla porta del Gattolo non ci sono, e quello che verrà allestito in quel punto è una parte molto leggera e rimovibile, si procederà con gli scavi quando ci saranno le risorse”. Parola di assessore.

Ma bisognerà continuare a scoprire le decisioni del Comune a progetto definitivo licenziato (come ha fatto Rimini 2.0, portandole a conoscenza della città) oppure prima di arrivare al progetto esecutivo si potranno approfondire e discutere le scelte? Frisoni vuole vederci chiaro e ha ribadito nella replica a Piscaglia che chiederà “una commissione ad hoc per esaminare il progetto esecutivo”. Ancora più chiaro Rufo Spina: “La valorizzazione di Castel Sismondo non è compatibile coi ciaffi di Fellini”. (c.m.)

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