Al civico 1 di viale Zanzur, meno di cento metri a mare della ferrovia, si fa un tuffo nel passato di oltre un secolo.
In Libia, Zanzur e Tripoli distano tra loro una quindicina di chilometri. A Rimini, i viali intitolati alle due città sono adiacenti.
Al civico 1 di viale Zanzur, meno di cento metri a mare della ferrovia, ci si imbatte nel passato: una casa su due piani, un po’ malandata, con una piccola corte. L’orologio, disegnato nella nicchia ad angolo acuto del tetto smerlato, ne indica l’anno di costruzione: 1906. A distanza di sei anni da quella data, in pieno fervore colonialistico, gli italiani conquisteranno Zanzur. Salvo poi, più di cent’anni dopo, assaporarne l’amaro frutto: la legge del contrappasso. Meglio tornare alla casetta verde.
A detta dei vicini, la coppia novantenne che ci viveva fino a una quindicina di anni fa, non l’ha mai ristrutturata. Quindi è l’autentica, incontaminata memoria di quel periodo. I segni del tempo sono visibili. Così come le porte, obbligatoriamente murate dalla nuova proprietà, a evitare indebite intrusioni.
Crediamo che l’abitazione, ai primi del ‘900, avesse l’arioso spazio vitale e visivo di quei tempi. Oggi è soffocata da costruzioni alte anche cinque piani. Le tolgono luce e respiro, quasi a volerla scalzare, un poco alla volta. E’ l’eredità del boom edilizio degli anni ’60 e ’70. Il “nuovo” avanzava. Troppo spesso, calpestava.
La buona notizia è che la casa verde è sotto la tutela del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. Il nostro desiderio è immaginarla rimessa a nuovo. E vederla com’era, agli albori del secolo scorso. La vedranno, i nostri nipoti?
Questa rubrica nasce per porre l’attenzione sulle piccole e grandi brutture, gli sfregi al patrimonio ambientale, i molti edifici trascurati (talvolta totalmente abbandonati) della nostra città. Spesso si trovano in pieno centro o nella “vetrina” turistica di Rimini. Non è disfattismo, è amore per la città bella, perché solo accendendo i riflettori sulle brutture c’è la speranza che si possano sanare le “ferite” inferte sia per mano pubblica che privata. Allinearsi al ribasso, giustificare il brutto e arrendersi all’incuria e al degrado urbano, equivarrebbe ad una sconfitta. E se ha perso la città, per dirla con Niccolò Fabi, abbiamo perso un po’ tutti noi. Ci occuperemo anche del bello, di tutto quello che merita di essere segnalato. Comprese curiosità e stranezze. Coinvolgeremo molto volentieri quanti vorranno inviarci materiale fotografico interessante tenendo ben aperti gli “occhi sulla città”: redazione@riminiduepuntozero.it
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