Niente contestazioni al passaggio della lunga fila di laici (nella stragrande maggioranza), famiglie, giovani e meno giovani. Ma molta curiosità e tanta attenzione verso chi ha pregato e cantato "noi vogliamo Dio". La motivazione del gesto nelle parole di don Mauro Tranquillo. Oltre a quello di mons. Negri, anche il messaggio del card. Burke.
Circa trecento persone hanno partecipato stamattina a Rimini, sotto il cielo terso di luglio, alla processione in riparazione del gay pride.
Il gesto di preghiera promosso dal Comitato Beata Giovanna Scopelli ha radunato religiosi e religiose, alla testa dei gonfaloni di alcune confraternite, ma soprattutto semplici laici e famiglie, molte con bambini.
Il ritrovo era in via San Giuliano, a pochi metri dall’antica chiesa del Borgo. L’itinerario seguito dal corteo è stato leggermente diverso da quello annunciato: dopo aver attraversato il ponte di Tiberio e il tratto iniziale del corso d’Augusto, la lunga fila si è snodata per via Ducale e di qui per via Luigi Tonini, passando davanti alla chiesa del Suffragio. Poi, attraversata piazza Ferrari, la processione ha preso via Gambalunga ed è sfociata in piazzale Cesare Battisti, per poi concludersi con la benedizione finale nel sagrato davanti a San Nicolò al Porto.
Nel fervorino iniziale, don Mauro Tranquillo – nomen omen – della Fraternità Sacerdotale San Pio X ha spiegato in pochi minuti il significato dell’iniziativa prima dell’inizio della recita del rosario.
“Che cosa ripariamo? Certo che si deve riparare tutti i peccati – ha detto il prete -, anche quelli carnali.
Ma questa processione deve riparare qualcosa di più specifico, e cioè il peccato contro lo Spirito Santo, non solo il peccato che grida vendetta davanti a Dio, ma il peccato della corruzione della fede e delle intelligenze.
Dobbiamo riparare l’idea, sbagliata e nefasta, che l’uomo possa determinare se stesso contro Dio, e contro la natura e l’ordine dato da Dio. Quello che è da riparare è il principio che viene posto, per cui è l’uomo che decide che cosa vuole essere, indipendentemente dal Padre celeste, indipendentemente dall’ordine divino.
Questo è il peccato che noi ripariamo. Certo anche gli scandali morali, ma non è questa la cosa più importante. Se siamo qui è perché quel peccato viene a significare, spesso anche al di là delle intenzioni di qualcuno dei singoli, la rivolta contro Dio. E’ un modo, dei tanti, per far capire che Dio non è un Padre, che quello che ci ha dato – a partire dal nostro stesso corpo – non è un dono; che la legge naturale non è un dono; che la legge divina non è un dono ma un’oppressione. Questo dice quella parata”.
Don Mauro ha concluso: “Proclamiamo la fede di fronte all’errore, per questo siamo qui, non solo per una manifestazione di buon costume: c’è qualcosa di molto più importante e più profondo, una battaglia che va alla profondità delle cose”.
Il libretto distribuito ai partecipanti aiutava a seguire la successione delle preghiere, tutte in latino eccetto quella finale, l’Atto di riparazione al Sacro Cuore di Gesù composto da papa Pio XI.
Canto conclusivo, l’antico inno popolare cattolico celebre già dall’Ottocento “Noi vogliam Dio”: “servirlo liberi tutti vogliamo – dice fra l’altro il testo -, sia questo il nostro supremo onor”.
Non si sono registrati accenni polemici, contrapposizioni né contestazioni di alcun tipo.
Al contrario, il Comitato Beata Giovanna Scopelli ha ricevuto, venerdì pomeriggio, una autorevole dichiarazione di vicinanza, quella del Cardinale Raymond Leo Burke, che si aggiunge al messaggio di mons. Luigi Negri. Il porporato statunitense, oggi Patrono del Sovrano Militare Ordine di Malta, ha inviato questo messaggio di benedizione ai promotori della processione: “Carissimi, corrispondo affettuosamente alla Vostra richiesta di preghiera, ringraziandoVi per la testimonianza di fede che Vi contraddistingue. Assicurando il mio ricordo orante, nell’affidarVi al Cuore Sacratissimo di Gesù e al Cuore Immacolato di Maria, Vi imparto di cuore la mia benedizione”.
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