Le monache del Montefeltro

Le monache del Montefeltro

Da dicembre sono presenti anche a San Marino, nel convento dove è vissuto padre Kolbe.

Dieci anni fa la comunità delle monache dell'adorazione eucaristica è arrivata a Pietrarubbia. Ora ha preso possesso anche del convento di San Francesco sul Titano. La loro è una presenza contagiosa e apprezzata, guidata da suor Gloria Riva. La quale spiega per quali vie sono approdate al Montefeltro e perché nella scelta della nuova destinazione sammarinese scorge la mano della provvidenza.

Sono dieci anni che nella diocesi di San Marino Montefeltro vive la comunità monastica della Adoratrici dell’Eucaristia che si ispira alla vita e spiritualità della beata Maria Maddalena dell’Incarnazione e professano i voti di povertà, castità e obbedienza secondo la regola di Sant’Agostino.
La madre superiora è suor Maria Gloria Riva. Fu l’allora vescovo Luigi Negri che caldeggiò il loro arrivo e, dopo qualche tempo di residenza nella canonica di San Leo di Carpegna, la comunità s’è trasferita nel vicino convento di Pietrarubbia, lasciato dai Cappuccini.
La crisi delle vocazioni non sembra segnare la comunità monastica delle Adoratrici che in questi anni sono cresciute diventando dieci e ora si sono divise per animare un altro storico convento nel cuore della repubblica di San Marino, vicino alla porta di San Francesco. Storico perché fondato con San Francesco ancora in vita. Anche lì, dove fino a due mesi fa circa vivevano i conventuali francescani, s’è insediata la comunità di suor Gloria, il 6 dicembre scorso. A dieci anni dalla presenza delle adoratrici nel convento di Pietrarubbia, domenica 19 febbraio alle ore 18 verrà celebrata una messa presieduta dal vescovo di San Marino e Montefeltro Andrea Turazzi e dal vicario generale Elio Ciccioni. Alle 20,30 verrà messo in scena lo spettacolo teatrale L’Angelo del ghetto di Varsavia a cura del teatro dell’Aleph, una rappresentazione che porta in scena la vicenda di Irena Krzyzonowska Sendlerowa, meglio conosciuta come Irena Sendler, la donna che durante i rastrellamenti del ghetto di Varsavia salvò 2500 bambini facendoli fuggire.
E’ la stessa suor Gloria a spiegare come e perché è nata la nuova avventura.
“Premetto che al momento del nostro arrivo in questa diocesi nel 2007 noi eravamo destinate a San Marino. Questa idea iniziale non andò in porto. Così, come la Madonna e San Giuseppe che non avevano trovato posto da nessuna parte si sono dovuti sistemare nella capanna a Betlemme, il nostro primo posto fu quello di San Leo in Carpegna. Un luogo che ci è piaciuto molto e dove la gente ci ha accolto a braccia aperte; un luogo tuttavia che s’è subito rivelato piccolo tant’è vero che già a quel tempo ipotizzammo di andarcene addirittura in un’altra diocesi, a Radicondoli. Invece la Provvidenza ci ha indirizzato al convento di Ponte Cappuccini a Pietrarubbia. Abbiamo saputo che veniva lasciato nel luglio 2008 e a metà settembre ci siamo trasferite. E li siamo rimaste. Ora però negli ultimi tempi, anche in base ad alcune richieste di nuovi ingressi, pure il convento di Pietrarubbia era diventato piccolo anche perché si sono uniti a noi Angelo e Cristian che stanno coadiuvando la nostra opera. Ora vivono in una casa vicina al monastero in attesa di concretizzare più stabilmente la loro presenza monastica. Tuttavia il nostro non è un ordine misto né vuole esserlo. Eravamo quindi già alla ricerca di un altro luogo. Tant’è che i Cappuccini, che sono molto contenti di come abbiamo valorizzato il convento di Pietrarubbia, ci avevano proposto altre soluzioni, tra cui quella del bellissimo monastero di Cagli, che però avrebbe avuto bisogno di costosi interventi e inoltre è piuttosto distante da Pietrarubbia e per me sarebbe stato un impegno troppo gravoso, visto che le comunità hanno bisogno di un po’ di tempo per diventare autonome. Chissà, forse in futuro potrà essere una soluzione per gli uomini…”

Ma com’è spuntata l’ipotesi di San Marino?
“Ero in ospedale con una mia consorella che pareva avesse un blocco intestinale, poi grazie a Dio non era così, e abbiamo tuttavia passato una giornata intera a Urbino incontrando un amico comune sia mio che di padre Francesco Acquabona (un frate conventuale residente in San Marino), che mi disse l’intenzione dei frati di lasciare lo storico convento dei conventuali di San Marino. Scrivo a padre Corsini e il giorno dopo, 22 ottobre, festa di San Giovanni Paolo II, uscendo dalla chiesa dopo le preghiera di metà mattina suona il telefono ed era il provinciale dei conventuali: “Per noi questa non è una chiusura ma una sospensione, anche se questa situazione potrebbe durare alcuni anni ed inoltre avevamo già l’intenzione di insediarci una comunità femminile. Se per voi questo non è un problema per me è affare fatto. Tu vai a vedere il monastero e ne riparliamo presto”. Per noi non c’era affatto alcun problema, anzi. Ma ciò che mi ha lasciato felicemente sorpresa è stato che quella struttura corrisponde perfettamente all’idea di convento della Beata Maria Maddalena dell’Incarnazione (al cui carisma ci ispiriamo), che voleva le nostre comunità nei centri storici, dove la gente passa a piedi e si ferma nella chiesa a pregare ed adorare il Santissimo sempre esposto”.

“Certo che tu hai un santo in Paradiso!”. Divertita, suor Gloria risponde: “Ben più di uno! Io vivo profondamente e sento vicina la comunione dei santi”. E con un sorriso mette in fila altri fatti che, in qualche passaggio, rendono la sua bellissima voce un po’ mossa dall’emozione.
“La telefonata di padre Corsini è avvenuta il 22 ottobre 2016 giorno appunto di San Giovanni Paolo II, a cui io sono molto legata. Tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre io e alcune consorelle, tra cui Danuta che ha la madre e la zia polacche, siamo state in Polonia, perché chiamate da alcuni vescovi che volevano conoscerci, interessati all’Adorazione perpetua e al dialogo con la bellezza e la cultura contemporanea. Naturalmente siamo anche andate a visitare Auschwitz e Birkenau. Io e la mia famiglia abbiamo un legame profondo anche con Massimiliano Kolbe, sia per la shoah, sia perché mio nonno si chiamava Raimondo e mio fratello si chiama Massimiliano, cioè i nomi al secolo e da religioso di padre Kolbe. Io ho preso la decisione ultima di consacrarmi a Dio il 10 ottobre 1982 (giorno della festa di santo Kolbe, che in un campo di concentramento si offrì volontario nella stanza della morte al posto di un padre di famiglia) proprio invocando l’aiuto di Massimiliano Kolbe in quel mattino andando a messa (veniva letto il brano del giovane ricco), dove ho deciso di lasciare tutto e entrare in monastero. Sicché recentemente avevo incaricato una delle mia consorelle di fare una novena di preghiera perché si trovasse il monastero nuovo che stavamo cercando. La novena si concludeva proprio il 22 ottobre, il giorno della telefonata del provinciale francescano. E a beatificare padre Kolbe è stato Giovanni Paolo II, anche lui polacco. Ma c’è di più: in questo convento sammarinese Massimiliano Kolbe è vissuto alcuni mesi del 1915. In questa chiesa c’è una targa dedicata a lui datata 10 ottobre 1982, il giorno della mia decisione per la vita monastica. Ed inoltre la prima messa a cui ho partecipato da monaca in questa diocesi è stata proprio nella chiesa del convento di San Francesco a San Marino il 25 ottobre 2006, dove il vescovo Negri, con cui dovevo parlare del nuovo convento, celebrava il funerale di un padre francescano musicista. Lo stesso padre Kolbe ebbe di nuovo contatti con questo monastero agli inizi degli anni ’40, forse per sfuggire alle persecuzioni delle SS, per rifugiarsi in un paese neutrale, ma purtroppo senza successo anche perché nel convento c’erano già tanti ebrei vestiti da frati”.

In effetti l’importanza storica del convento che in una sua sezione ospita la pinacoteca di Stato, oltre che dalle sue origini coeve a San Francesco, deriva anche dal fatto che durante la guerra ha ospitato molti ebrei in fuga. Come si legge nel libro ‘La meravigliosa bugia’ uscito nel dicembre scorso per la casa editrice Giuntina (raffigurata col logo della Ghimel, la terza lettera dell’alfabeto ebraico) scritto da Davide Bagnaresi, Giuseppe Marzi e Antonio Morri. Il libro è già stato presentato a San Marino ma merita una recensione a parte. Citiamo solo che tra i rifugiati ebrei, forse il personaggio più eclettico e col pallino degli affari, figura Camillo Castiglioni nato a Trieste e figlio di Vittorio Castiglioni che fu rabbino capo a Trieste e Roma. Camillo Castiglioni che negli anni ’20 del secolo scorso era considerato l’uomo più ricco d’Europa e che da finanziere e industriale ebbe un ruolo di primissimo piano nella fondazione di 170 società tra cui la BMW (Bayerische Motoren Werke).

E qui nel convento di San Marino chi ci starà e come siete state accolte?
“Come avrai capito questa è una decisione presa non da noi ma da un Altro. Noi siamo state accolte molto bene, come le “suore della città”. Domenica 6 febbraio, per la festa della compatrona sammarinese Sant’Agata sono stata invitata alle celebrazioni e io con le consorelle sono andata alla messa che viene celebrata nella cappella a lei dedicata vicino al convento e a fianco del portico del teatro Titano che viene aperta una volta l’anno in questa circostanza. Abbiamo cantato alla messa cui partecipavano anche i Capitani Reggenti. Ci è stato detto che è la prima volta nella storia che delle monache cantano in questa messa ed erano molto felici. I frati erano talmente amati che quando hanno saputo che se ne andavano, attraverso l’ambasciatrice di San Marino alla Santa Sede Maria Alessandra Albertini (con consenso del Vescovo Andrea Turazzi) hanno scritto al Papa per chiedergli di fare pressione sul padre generale affinché non se ne andassero. Alla fine hanno ottenuto che la decisione fosse una sospensione ma non si trovava la comunità da insediare lì temporaneamente”.

Tu sarai madre superiora per entrambi i conventi di Ponte Cappuccini e di San Marino?
“Sì, perlomeno in questa fase iniziale. Finora abbiamo fatto turni perché volevo che tutte le sorelle facessero l’esperienza di stare nella nuova struttura. Oramai quasi tutte lo hanno fatto, poi fisserò tre o quattro persone che staranno qua stabilmente. In questo momento sono Teodora, Irene e Danuta. Poi vedremo. Alcune di noi, io tra queste, prenderemo la residenza sammarinese”.

Mi risulta che anche le autorità civili di San Marino abbiano capito di poter contare sulla tua passione artistica…
“E’ così in effetti, anche perché una metà del monastero è occupata dal Museo Pinacoteca San Francesco e dagli uffici culturali di San Marino che hanno in cura il Museo di Stato, la Pinacoteca, il Teatro e la Biblioteca. Il direttore Paolo Rondelli mi ha già invitata a parlare dell’affresco che dalla chiesa diversi anni fa è stato spostato in Pinacoteca: un’adorazione dei Magi realizzato da Bitino da Faenza, lo stesso della pala della storia di San Giuliano che sta nella chiesa riminese del Borgo San Giuliano. Mi sono già state annunciate altre collaborazioni future. L’ambasciatrice di San Marino alla Santa Sede all’inizio di febbraio è venuta a conoscerci grazie anche a quello che la gente che ci ha incontrato le hanno raccontato. All’inizio mi ha detto: “Guardi, io sono stata una delle persone che non avrebbero mai voluto che i frati se ne andassero ma ora mi hanno parlato così bene di voi e di quello che avete già fatto in un solo mese che non vedevo l’ora di conoscervi. Sono molto felice. E ci ha anche aiutato nel preparare i festeggiamenti dei dieci anni di presenza in diocesi”.

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