L'immobile di San Martino Monte l'Abate continua ad essere gestito dalla Cri, ma non ha l'abitabilità. Il Comune non c'entra, ha detto oggi in consiglio comunale l'assessore Lisi, ma la prefettura. Però Nicola Marcello (Fi) ha messo le mani su un filone che potrebbe riservare sorprese.
Era diventato un caso nazionale la notizia del cittadino riminese, di origine albanese, Jorgo Ceka, che dopo essersi aggiudicato all’asta la casa di San Martino Monte l’Abate (maggio 2016), se l’era trovata “occupata” da più di trenta profughi di varia provenienza: Ghana, Mali, Niger, Costa D’Avorio e Afghanistan. La prefettura assicurò subito di essere impegnata a individuare al più presto (“nel giro di qualche giorno” ma il fatto accadeva circa un mese fa) una collocazione alternativa per i profughi ospitati nella casa colonica. Invece non è cambiato nulla e pare che a Jorgo Ceka siano stati fatti ponti d’oro per convincerlo a non entrare nella casa comperata all’asta, che potrà così continuare ad essere gestita per i profughi.
Oggi in consiglio comunale l’esponente di Forza Italia, Nicola Marcello, è tornato sulla questione mettendo però nuova carne al fuoco che lascia immaginare anche qualche clamoroso sviluppo.
“La situazione pare ancora immutata in quanto i profughi continuano a rimanere nella stessa location con un progetto gestito dalla Croce Rossa dal 2015”, ha detto il consigliere comunale. “Io per indole, cultura e professione, non sono né un razzista né un cultore delle “ruspe”, sono stato infatti in missione umanitaria di pace in Albania ed in Kossovo per ben due volte ed in supporto nel sisma dell’Aquila, ma sulla vicenda dei profughi a Rimini come, un po’ in tutta Italia, ritengo che ci sia troppa approssimazione, talvolta mala gestione e vorrei escludere, dalle vostre risposte, qualche affare per alcuni “travestiti” da operatori nel sociale”.
E’ qui che la storia si fa interessante.
“Dai documenti in mio possesso, tra altro pubblici in quanto l’immobile è stato venduto all’asta, risulta dall’avviso di vendita che quel fabbricato non è dotato di certificato di abitabilità, esistono difformità urbanistiche, esiste una pratica aperta presso l’ufficio controlli edilizi del comune di Rimini per uso improprio del locale deposito in relazione alla sanabilità di tale abuso, gli immobili sono stati modificati nelle suddivisioni interne per l’utilizzo da parte della Cri provinciale come alloggio in favore di migranti”. Non solo. “Non è disponibile la documentazione relativa alla conformità degli impianti, non risulta agli atti l’attestato di qualificazione e certificazione energetica, i beni costituenti il lotto unico sono occupati da terzi in virtù di un contratto di locazione ultranovennale, è in corso un procedimento giudiziario di sfratto per morosità e gli immobili sono occupati dalla Croce Rossa in virtù di un contratto di sub-locazione”. Un guazzabuglio infernale, insomma, e non si capisce come quell’immobile, in quelle condizioni, possa essere stato utilizzato per ospitare tanti profughi.
Marcello ha anche detto che, secondo informazioni raccolte, “risulta che nell’immobile al momento dello sfratto esecutivo del gennaio scorso vi fossero un numero di profughi oltre quello consentito, ovvero 35-36 invece di 25-26”.
Da qui una serie di domande rivolte al sindaco e all’assessore Gloria Lisi: quanti sono i profughi attualmente presenti nel territorio comunale, dove si trovano e quanto costano al giorno (si parla di 30-35 mila euro per un numero di poco inferiore a mille)? E poi: chi li gestisce, chi affida gli incarichi per la gestione e in base a quali requisiti e “se tra i gestori ed ospitanti ci sono persone che nelle ultime elezioni amministrative si sono impegnate in liste a favore dell’attuale maggioranza”. Le solite cooperative sociali, fa capire Marcello, e qualcuno molto vicino in particolare ad una lista che si è presentata al voto comunale.
Chi e in che modo verrà remunerato l’artigiano che ha comprato la casa all’asta per la propria famiglia mentre attende ancora di entrarne in possesso? L’affaire è talmente delicato e potenzialmente esplosivo che Nicola Marcello ha sollecitato il presidente della commissione di garanzia e controllo ad istituire una commissione sul tema. Vedremo.
Ma per questa sera in consiglio comunale Marcello non ha avuto risposte. “Il progetto è gestito direttamente dalla prefettura”, ha tagliato corto l’assessore Lisi, limitandosi a dire che “le informazioni richieste non sono in capo al Comune di Rimini, che è invece titolare dei progetti sui sistemi di protezione dei richiedenti asilo (per 40 posti più 18 minori), mentre qui si parla dei centri di accoglienza straordinaria”. Aggiungendo poi che domattina girerà l’interrogazione al prefetto “per tutte le informazioni nel dettaglio, che sono anche in mio possesso ma non mi sembra opportuno divulgare”. Qualcuno però dovrà divulgarle.
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