Si trasferirà a S. Aquilina. Ecco attività di accoglienza, costi e ricavi. "Ma il nostro non è business", dice il presidente Daniele Marano.
“Lasceremo la struttura di San Martino Monte l’Abate entro la prima metà marzo, abbiamo individuato una nuova location”. Il presidente della Croce Rossa di Rimini non dice quale (solo che si trova a S. Aquilina), ma solo per scaramanzia, perché ancora tutti i tasselli devono andare al loro posto. E non è proprio semplicissimo mettere d’accordo burocrazia e diverse esigenze che entrano in gioco in vicende come queste. Dice però subito che “Croce Rossa non fa business, è presente ovunque ci sia una vulnerabilità ed è a disposizione del territorio nel quale opera”. Daniele Marano (nella foto) risponde così alle polemiche scoppiate e ai rilievi e alle domande poste dalla interrogazione (in attesa di risposta da parte della prefettura) presentata dal consigliere comunale Nicola Marcello (Fi), di cui abbiamo riferito su Rimini 2.0.
Il casus belli è quello dei profughi ospitati, appunto, nell’immobile di San Martino Monte l’Abate (ribattezzato da Cri “casa Solferino”).
“Diamo un servizio reale, rispondiamo ad un bisogno, e impieghiamo personale specializzato (educatori, psicologi, ecc.). Croce Rossa è un emblema di salvezza per persone come quelle che ospitiamo a Rimini, è una realtà presente sul loro cammino a partire dai paesi dai quali provengono e che poi ritrovano nei loro approdi in Italia. Le entrate, davvero piccole, che ricaviamo dalla accoglienza dei profughi le reinvestiamo nelle nostre attività sociali ed io non sono certo stipendiato”, spiega.
Quindi entro un mese lascerete quella casa?
Certo, col signor Jorgo Ceka (che se l’è aggiudicata all’asta quella casa nel 2016 ma non ha potuto ancora abitarla, ndr) abbiamo concordato la data di uscita, entro fine marzo, appunto.
Finalmente!
Non è semplice trovare in poco tempo una sistemazione per una trentina profughi. E’ vero che sono passati alcuni mesi, ma nell’ottica della ricerca di una struttura capiente e che possa andare bene agli enti che devono esprimere un parere (Comune e Prefettura), ed essere compatibile col nostro budget, non è poi tanto.
Cominciamo dai numeri contenuti nella interrogazione: si parla di una decina di persone in più ospitate rispetto alla capienza.
Non è vero. Il numero di 35-36 persone comprende sia quelle che si trovano a San Martino Monte l’Abate e sia le sei presenti in via Mameli (altra struttura Cri). Nel primo caso ci sono 26 persone e siamo arrivati al massimo a 29.
Sono state rilevate anche una serie di problematiche e mancherebbe addirittura il certificato di abitabilità per quell’immobile.
Parzialmente è vero, nel senso che quando abbiamo affittato l’immobile c’erano situazioni da sanare, ma tutte in capo al proprietario, non certo a noi. Anche nelle eventuali modifiche apportate non abbiamo alcuna responsabilità. Noi l’immobile l’abbiamo trovato così com’è.
Voi avete subaffittato l’immobile, giusto?
Sì, e stipulato un contratto per un periodo di quattro più quattro anni e questo per una ragione molto semplice: lavoriamo con una progettualità quantomeno a medio termine e le persone che ospitiamo le vogliamo gestire al meglio, ad esempio scegliamo di non “spalmarle” in piccoli gruppetti in luoghi diversi, ma di gestirli insieme avendo così anche la possibilità di seguirli al meglio e costantemente con personale preparato. Facciamo inserimenti lavorativi e scolastici, li coinvolgiamo nelle attività quotidiane, andiamo a fare spesa con loro e tanto altro. Non vivono parcheggiati in una struttura ma li aiutiamo in un reinserimento e li prepariamo a diventare autonomi.
Quale affitto pagate per la struttura di San Martino Monte l’Abate?
Nel contratto di affitto originario è stato concordato un canone di 2.500 euro mensili, corrisposti al precedente proprietario fino al presentarsi della problematica che ha visto la struttura finire sul mercato tramite asta pubblica. Successivamente si è quantificato con la nuova proprietà lo stesso corrispettivo per tutti i mesi a titolo risarcitorio per le difficoltà incontrate.
Che ruolo ha il Comune di Rimini in questa vicenda?
Nessuno, nel senso che viene gestita dalla prefettura, come ha detto giustamente l’assessore Lisi in consiglio comunale rispondendo alla interrogazione. Quindi accarezzare l’idea che il Comune possa in qualche modo, anche remoto, aver favorito Cri in forza della mia candidatura con “Rimini Attiva”, appare una bestialità. Peraltro io mi ero autosospeso dal mio ruolo di presidente di Cri per evitare qualunque commistione, e questo per tutto il periodo elettorale. Nel mio privato impegno pubblico di cittadino non credo si possa sindacare. Le dirò di più…
Prego.
Dal Comune di Rimini abbiamo ottenuto solo dei no rispetto alle location che avevamo individuato per ospitare i profughi, una era a Marebello, dove avevamo trovato un albergo perfetto, con tutti gli spazi idonei… Quindi l’ipotesi di una mia vicinanza politica all’amministrazione comunale che mi vedrebbe in una posizione di “privilegio” è sconfessata dai fatti.
Però potrà ammettere che la sua candidatura sia stata una scelta non felicissima visto che comunque Cri deve non solo essere ma anche apparire super partes e con l’amministrazione comunale si rapporta anche per lavoro.
Posso anche ammetterlo ma, ripeto, mi sono subito autosospeso dalla attività in Cri e la reggenza è andata in capo al vicepresidente, e poi per evitare qualunque strumentalizzazione mi sono anche cancellato dalla lista. Voglio anche aggiungere che con l’amministrazione comunale Croce Rossa di Rimini intrattiene un rapporto esclusivamente per quanto riguarda il progetto Help sulla prostituzione. Null’altro.
Come si diventa enti gestori nella accoglienza dei profughi?
Partecipando ad un bando della prefettura e dimostrando di possedere una serie di requisiti. Quindi viene stilata una graduatoria e su quella base vi sono le assegnazioni. Noi abbiamo iniziato per una casualità: avevamo da poco ristrutturato la sede di via Mameli e fummo interpellati dalla prefettura di Rimini, alle prese coi problemi di accoglienza dei profughi…
Cosa pensa del dibattito in corso fra sindaci. Della serie: noi abbiamo tanti profughi e voi nessuno?
Anzitutto che Rimini fino ad oggi è stata in grado, anche per il suo meritorio Dna di accoglienza, di affrontare con responsabilità questo tema e mi auguro che così possa continuare. Sulla polemica, noto che coinvolge la politica e le amministrazioni comunali, … quando al tavolo siedono gli enti gestori i problemi sono a zero. E’ poi vero che il comune di Rimini è over quota rispetto all’accoglienza mentre lo stesso non si può dire di molti Comuni della nostra provincia.
Quanto percepite per ciascun profugo dallo stato?
35 euro, dei quali 2,50 euro vanno al profugo.
E voi quali spese avete?
Spese tante: affitto, automezzi, carburante, alimenti, stipendi delle figure professionali coinvolte…
In generale quanto spende in stipendi Cri a Rimini?
Nel 2016, 208 mila euro, circa 52 mila per la parte sanitaria (ambulanze) e la restante parte per le figure professionali.
Per casa Solferino, tolte tutte le spese e i 2,50 euro che vengono dati ai profughi, quanto resta a Cri?
Dai 4 mila ai 7 mila euro al mese, che come dicevo reinvestiamo nell’ambito delle nostre attività e documentiamo con un report annuale che mostra entrate e uscite.
Qualche esempio di come reinvestite a favore della città le entrate di cui disponete?
In una “unità di strada” che ogni martedì sera si occupa delle persone senza fissa dimora, attività che non rientra nei “piani di zona” e quindi non trova nessuna copertura da parte del pubblico. Per questo servizio abbiamo dovuto acquistare camper e attrezzature varie. Poi i clown di corsia (spese per materiali, vestiti, formazione, ecc.), mezzi di protezione civile (che devono essere manutenzionati costantemente ed ha un costo notevole), corsi di primo soccorso nelle scuole. La nostra gestione consiste nel bilanciare al meglio le attività che portano un introito (ambulanze, convenzioni, assistenza in occasione di eventi fieristici ed altro) per riuscire a finanziare tutte quelle di carattere sociale e statutario che, in mancanza di risorse, non potrebbero esistere.
Quando i profughi arrivano a Rimini a quali controlli sanitari vengono sottoposti?
Anzitutto un primo controllo sanitario viene fatto al momento dello sbarco, un altro negli hub regionali, che nel nostro caso è quello di Bologna. Quando prendiamo i ragazzi a Bologna vengono immediatamente portati in ospedale, quindi prima di fare ingresso nelle strutture di Rimini, e sottoposti a tutti gli esami. Ecco perché gli allarmismi sulle malattie che sarebbero portate da queste persone non hanno senso alcuno.
Quanto restano i profughi nelle vostre strutture?
Da un minimo di tre o quattro mesi ad un massimo di un anno e mezzo. Già 23 ragazzi sono usciti dalle nostre strutture con regolari documenti.
E quali strade prendono?
Quasi tutti per l’estero. Dei 23 che abbiamo dimesso, solo 3 sono rimasti in Italia. Quelli andati all’estero stanno lavorando tutti, uno fa il cameriere in un hotel a 5 stelle. Sei ragazzi francofoni usciti da casa Solferino vivono insieme a Parigi, lavorano, dividono le spese e stanno bene, li sentiamo spesso su skype, ci considerano la loro famiglia. Questa è la nostra più grande soddisfazione.
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