Sei anni di lavoro, circa 14 mila capesante raccolte da Alfonso Rinaldi nei ristoranti di Rimini. L'originalissimo villino di via del Fante.
Trovare questa inconsueta casa è un tipico caso si serendipità. Stiamo girovagando nei meandri stradali di San Giuliano in cerca di alberghi dismessi da fotografare, quando improvvisamente ci troviamo davanti a una costruzione strabiliante: la casa di una Venere dell’era moderna. Viste le conchiglie che la ricoprono per tutta la superficie è impossibile definirla altrimenti.
Di fatto, la villa è un tempio dedicato a Venus, forse involontariamente. Poco importa. Esiste, ci piace che ci sia, quindi ve la segnaliamo. L’abitazione è completamente rivestita di capesante. Una teoria infinita, valva contro valva, interrotta da qualche pesciolino di cemento e piccole conchiglie.
Va ricordato che la Capasanta o Cappasanta o conchiglia di San Giacomo (Saint Jacques, per la cultura francese) è simbolo ricorrente nelle rappresentazioni artistiche a partire dal periodo della Grecia classica (Venere di Milo 130 a.C.) e della Roma antica (affresco di Pompei) dove quella particolare valva rappresenta sia i genitali femminili che la riproduzione o la nascita e la rinascita (fonti battesimali e acquasantiere a mensola hanno spesso forma di conchiglia). Anche nel Rinascimento di Botticelli la conchiglia è assunta quale elemento simbolico fondamentale come nella celeberrima Nascita di Venere (1485 circa). Idem per Piero della Francesca, di cui si veda la sublime Pala di Montefeltro (1474) o Tiziano (Venere Anadiomene – 1520), poi Caravaggio nel 1600, il pittore francese Bouguereau nel 1800 e il connazionale Jean-Bertrand Redon con l’esplicito dipinto intitolato “La Nascita di Venere” che rappresenta ben poco simbolicamente il sesso muliebre.
Dunque, ecco a voi il tempio di una dea pagana nella San Giuliano del martire le cui spoglie, come vuole la tradizione religiosa, furono trovate dentro un sarcofago di marmo approdato sulla spiaggia romagnola. Intrigante, la commistione tra sacro e profano.
Tornando alla casa rivestita di conchiglie, chi volesse vederla la trova al numero 40 di via del Fante, una piccola trasversale di via Briolini, nell’area dell’omonimo parco a trecentocinquanta metri dalla spiaggia.
Crediamo che il Comitato Turistico San Giuliano Mare (il nuovo Consiglio Direttivo è stato eletto il 6 febbraio scorso) potrebbe segnalarla sul proprio sito web tra le attrazioni del quartiere.
Abbiamo domandato agli abitanti della zona qualche informazione sulla “casa delle capesante”. Ora sappiamo che l’opera è degli anni sessanta. La villetta è abitata dagli eredi di Alfonso Rinaldi, taxista di professione, morto ottantaduenne nel 1983. L’uomo impiega sei anni della propria vita per completare il rivestimento dei muri perimetrali, delle fioriere e delle colonne di recinzione. Un lavoro certosino condotto senza chiedere mai l’aiuto di alcuno.
Nessuno ha saputo dirci il numero esatto di conchiglie impiegate, ma si parla di 12/14 mila.
Il signor Alfonso, dove reperisce tutte quelle valve? Escludendo che siano materiale di risulta di pantagrueliche abbuffate di molluschi consumate con parenti e amici dai gusti culinari monotematici, dove compera quelle migliaia di “pettini” da inglobare nel cemento?
Semplice, non li compra. Glieli regalano vari ristoratori che il taxista conosce e che lo aiutano nella singolare impresa. Il pervicace Rinaldi ha lasciato agli abitanti e ai visitatori di San Giuliano un’eredità estetico-culturale del tutto singolare. Se vogliamo, maliziosa, dato il sopraccitato significato simbolico di quella conchiglia. La leggenda racconta come Michelangelo Buonarroti, terminato di scolpire il Mosè, gli abbia urlato di parlare.
Noi vogliamo invece immaginarci Rinaldi che, incastonata l’ultima valva, abbia gridato: “viva Venere, viva la Capasanta!” Evviva.
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